Il Carnevale

di Veglio Jugovac

 

Un uomo ricco … disse: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all’anima mia "Anima mia... riposati, mangia, bevi, divertiti. Ma Dio gli disse: Stolto… (Luca, 12:19-20)

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L’apostolo Paolo ha scritto che "La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro" (Galati, 5:16-17). Questa verità si può provare con particolare chiarezza durante il Carnevale, perché in questo periodo, mentre si festeggia e asseconda i desideri della carne, ogni anno gli uomini e le donne spirituali si rattristano per quello che vedono intorno a loro, come il giusto Lot si rattristava in Sodoma. La parola stessa lo anticipa: la carne vale, cioè in qualche modo prevale sullo spirito.

Nell’anno liturgico della Chiesa cattolica, il Carnevale è considerato un tempo di preparazione alla Quaresima, periodo in cui si iniziava l'astinenza dalle carni. Prima dell’astinenza, la religione prevede un tempo di sfogo della carne. Prima del Mercoledì delle ceneri, il Martedì grasso. Così, se l’etimologia della parola rimanda alla carne come alimento, in realtà il significato più vero (quello che viene percepito e che conserva l’uso della parola) è proprio quello di una licenza ad esprimere la propria carnalità, cioè del soddisfacimento dei propri desideri.

Considerando il calendario e certe altre coincidenze esteriori si potrebbe ravvisare una somiglianza tra la festa del Carnevale e quella biblica di Purim, ma guardando più in profondità si vede chiaramente che, a differenza di Purim, il Carnevale è una festa che ha ben poco a che vedere con la liberazione del popolo di Israele dai suoi nemici. Tantomeno, con la Passione e la morte del Signore Gesù che dovrebbe essere ricordata nella Quaresima. Il Carnevale trae infatti la sua origine dai Saturnali, una orgiastica festa pagana dell'antica Roma dedicata al dio Saturno. Gli antichi romani si abbandonavano a festeggiamenti che iniziavano con un generoso banchetto pubblico, poi seguivano feste di vario genere, che si protraevano per sette giorni e spesso sfociavano in eccessi. Durante i Saturnali tutto era consentito, in particolare lo scambio dei ruoli, con abiti altrui. Gli schiavi venivano serviti dai cittadini liberi o dai padroni stessi e potevano concedersi ogni libertà. Vigeva la sospensione delle leggi che regolavano i rapporti umani e sociali. La plebe si concedeva ogni genere di lascivia e mancanza di buoni costumi. Qualcuno li ha descritti come: "giorni di esplosione di rabbia e di frenesia incontrollata, di un'esuberanza festaiola che spesso degenerava in atti di intemperanza e di dissolutezza". L'uso delle maschere, inoltre, garantisce una certa misura di anonimato, e favorisce quindi l’impunità.

Similmente, anche il Carnevale è espressione, per antonomasia, di pazza trasgressione, abolizione dei buoni costumi o loro temporanea sospensione, per dare sfogo ai propri desideri e in qualche modo superare le frustrazioni derivanti da un ordine sociale non sempre costituito dalla giustizia e dall'equità. Così, anche oggi la pubblica autorizzazione ad assecondare i desideri della carne porta a un temporaneo stravolgimento degli schemi della società, con tipici comportamenti come mascherarsi, travestirsi, fare i buffoni, darsi al divertimento per il puro gusto del divertimento, fare pazzie e scherzi di ogni genere, abbandonarsi a sconcezze e oscenità. Il fatto stesso di mascherarsi esprime una insoddisfazione e rifiuto delle proprie condizioni abituali. Nel travestirsi si desidera mascherare la propria identità e liberarsi dalle proprie inibizioni. Tutto questo baccano e confusione esprimono la mancanza di senso della vita di coloro che non hanno ancora ricevuto la salvezza. Ma se si tratta di noi, non dobbiamo guardare con indulgenza e comprensione a questi comportamenti, come se anche noi avessimo da manifestare le stesse frustrazioni. Le espressioni caratteristiche del Carnevale (oscenità, ubriachezze, gozzoviglie, adulterii, fornicazioni, travestimenti, per non parlare delle risse e delle violenze) mostrano chiaramente che lo spirito che presiede a questi festeggiamenti è uno spirito diabolico e malvagio. Queste manifestazioni: "Fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, gozzoviglie e altre simili cose"; Dio le definisce "opere della carne; circa le quali vi preavviso – ammonisce l’apostolo Paolo - chi le fa non erediterà il regno di Dio", non sarà salvato (Galati, 5:19-21).

Dio è amore e questi comportamenti sono peccati che non si possono conciliare con la sua natura pura e santa. La Parola di Dio ammonisce: "Non vi illudete; né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriachi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio" (I Corinzi, 6:9-10).

Coloro che sono consapevoli di non vivere secondo la volontà di Dio con questi festeggiamenti e questa pazza allegria vorrebbero esorcizzare la morte, consci di andarvi incontro. La sacra Bibbia esprime bene questo sentimento: "Ed ecco che tutto è gioia, tutto è festa! ...Si mangia carne, si beve vino... Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo!" (Isaia, 22:13). L’apostolo Paolo che, prima di venire condannato a morte perché cristiano, per vari anni è ha dimorato come prigioniero a Roma e ha visto con i propri occhi queste forme di paganesimo, scrive ai cristiani: "Questo dunque io dico e attesto nel Signore: non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a motivo dell'indurimento del loro cuore. Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni specie d'impurità con avidità insaziabile" (Efesini, 4:17-19). Per quelli che si sono convertiti a Gesù Cristo aggiunge un’ulteriore esortazione: "Non siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - esaminando che cosa sia gradito al Signore. Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto condannatele; perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto" (Efesini, 5:1-12). Altrove, scrive ancora: "Fate dunque morire ciò che in voi è terreno, fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi, cupidigia, che è idolatria. Per queste cose viene l'ira di Dio sui figli ribelli. E così camminaste un tempo anche voi, quando vivevate in esse. Ora invece deponete anche voi, tutte queste cose..., perché vi siete spogliati del uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l'ha creato" (Colossesi, 3:1-3,5-10).

la via strettaI cristiani che desiderano partecipare ai divertimenti del Carnevale si domandino se hanno davvero rinunciato ai piaceri del mondo. Si ricordino poi che anche la stoltezza – cioè l’insensatezza – è elencata dal Signore Gesù tra le cose cattive che " escono dal di dentro e contaminano l’uomo" (Marco, 7:22-23). I discepoli di Cristo, invece, si riconoscono dal frutto che portano, e "Il frutto dello Spirito... è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza (...) Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito" (Galati, 5:22-25). "L’amore... non si comporta in modo sconveniente" (I Corinzi, 13:5).

Cari fratelli, ricordiamoci sempre quello che ci dice l’amore del nostro Signore: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano" (Matteo, 7:13-14).